Le chimere mutanti del
futuro
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Vinicio Prizia appartiene a
quella linea della storia dell'arte che ha attraversato i millenni,
icontinenti e le culture attingendo a un nucleo originario
dell'immaginario collettivo, una visionedelle ibridazioni, delle
metamorfosi, delle fusioni impossibili tra
mondo umano, vegetale e animaleche richiama archetipi del profondo per
aprirsi a scenari futuribili.
Prizia dialoga infatti in modo sovversivo con i "grilli" del mondo
antico (dove le teste umane erano innestati su elementi zoomorfi), con
le decorazioni delle cattedrali
romaniche, con le metamorfosi mitologiche celebrate nel capolavoro di
Ovidio, fonte basilare per la
pittura del Rinascimento.
In questo rapporto, tuttavia, il pittore aggiunge una componente
contemporanea che oltrepassa le vecchie coordinate per scegliere una
visione che egli stesso ricollega
alla meccanica quantistica.
Il pittore sembra dunque collocarsi, cambiandolo, in quel filone
inesauribile che coniuga il polimorfico mondo antico alla fantascienza,
la pittura di Bosch e le
nuove sperimentazioni biotecnologiche, dando vita a un sistema iconico
che sembra unire
l'ironia alla visionarietà.
L'approdo è pertanto un gioco articolato e complesso di rimandi che non
dimentica alcune esperienze riconducibili al Surrealismo e al suo
interesse per la
riscoperta di antichi repertori iconografici fondati sul fantastico e
il mostruoso che, non a caso, si
è aperto anche allo studio della cultura alchemica con il suo immenso
apparato figurativo.
Vinicio Prizia crea così chimere, sfingi e sirene del futuro,
segnalandosi come erede e dissacratore di quella storia che André
Chastel aveva sintetizzato nel suo
illuminante saggio sulla grottesca, di quel mondo che una volta si
sarebbe definito anticlassico e che in
realtà è uno dei molti volti di quella "classicità" del mondo antico
che è molto più proteiforme di
quanto non vogliano certe ricostruzioni dogmaticamente ancorate a
schemi del passato.
L'artista dà vita quindi alle sue bizzarre e mutevoli composizioni con
uno spirito rigoroso ed eclettico, attingendo a diverse fonti e a
diverse suggestioni per
costruire un sistema visivo che sembra una prosecuzione delle
decorazioni metamorfiche della Domus
Aurea incrociate con gli esseri creati nell'allucinato laboratorio
dell,Isola del Dottr Moreau
di H. G. Wells: fusione tra uomini e animali e premonizioni profetiche
di molte sperimentazioni
attuali.
Vinicio Prizia progetta infatti le sue composizioni con una meditata
impostazione scientifica, lavorando contemporaneamente sugli schemi
rigorosi della sezione aurea
e sulle deformazioni, sugli innesti e sugli intrecci genetici che
tengono insieme specie ed
esseri differenti.
Va ricordato del resto che questo ciclo di opere è frutto di un lungo
percorso di maturazione che ha visto il pittore sperimentare tecniche e
generi compiendo un lungo
percorso fatto di passaggi tra figurazione e astrazione, tra
suggestioni pop, concettuali e
aniconiche, tra densità materiche e tessiture leggere e sublimate.
Alla fine di questo tragitto, proseguendo idealmente il magistero di
Jean-Pierre Velly con cui ha studiato, Vinicio Prizia ha dato inizio al
suo lungo ciclo di opere
raccolte in questa mostra, portato avanti con costanza da trentacinque
anni, con invenzioni che hanno
spesso preceduto certe immagini composte attraverso la computer grafica
e molte opere di
artisti delle generazioni più giovani.
L'autore fonda infatti la sua ricerca su una salda conoscenza del
disegno e delle sue regole, una sapienza tecnica che sostiene il suo
lavoro e gli permette le sue
variazioni sospese tra mondo reale e universo onirico.
Il risultato finale è uno stravolgimento totale delle nostre certezze,
nella volontà di oltrepassare le immagini della mitologia per
raggiungere allucinate frontiere future: i
volti si moltiplicano, gli arti si innestano, si riproducono, si
smembrano e si ricompongono. I piedi
umani divengono dei cetacei, le aquile hanno nasi al posto del becco, i
cavalli, i
cammelli, le giraffe e i delfini sono usati dal pittore per creare il
suo universo stravolto, assurdo e coerente,
le sue girandole iconiche di corpi ricreati dal suo occhio fantastico.
Le opere di Prizia sembrano così evocare gli esseri di un futuro
parallelo ma non impossibile, i risultati di sperimentazioni segrete,
esiti di una genetica alternativa
ricreati da uno sguardo futuribile che utilizza la storia dell'arte per
trasformarla
spostandola verso l'avvenire, in un dialogo mutante tra passato e
futuro. |
Lorenzo
Canova |
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Vinicio
Prizia è un giovane maestro, meglio un maestro giovane che ha
assimilato la tormentata avventura del Novecento diviso tra figurazione
del reale, come appare, e figurazione della stessa realtà trasformata
dalla frantumazione, sulla sponda informale.
Di genio, ossia con l'intelligenza della penetrazione nei fatti e nelle
idee, Prizia porta la figura all'intima solennità delle cose che sono e
sempre saranno.
Può
considerarsi un maestro di quell'astratto figurato che apre, nel mondo,
la civiltà figurativa dopo le operazioni che hanno fatto crescere il
secolo che finisce. E', perciò, un maestro pronto alle sorprese
inventive, in forme e poesia, che senz'altro egli ci darà. |
Giuseppe Selvaggi
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Vinicio
Prizia, pittore, incisore e scultore variamente impegnato, ha compiuto
la sua educazione artistica presso il Liceo e l'Accademia di Belle Arti
di Roma, e ha frequentato gli studi di Jean Pierre Velly, che previde
un'affermazione indiscutibile dei suoi valori, e lo studio di Gian
Paolo Berto, che oggi mostra ai propri allievi d'Accademia le incisioni
di Prizia quali esempi di geniale opere dell'arte di incidere.
Come pittore e come incisore, Prizia si è già affermato sul piano anche
internazionale esponendo in rassegne mondiali collettive di artisti
europei, a Berlino e a New York; in Grecia (Naupolio Galleria Pleiarts
e The Earth is in danger di Atene e Istron Bay Hotel di Creta); a
Melbourne (York Street Gallery) Tokio (Palazzo Shiseido) Pekino
(Biennale Internazionale Cinese d'Arte). E' stato premiato tre volte
alla Biennale Internazionale del Mediterraneo. Una sua scultura
monumentale è stata esposta nei giardini della romana Piazza Vittorio.
Vinicio Prizia è nato a Roma il 20 dicembre 1961 e vive a Formello,
dove opera e tiene corsi teorici e pratici sull'arte dell'incisione. |
Jolena Baldini |
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L'antropocentrismo
di Vinicio Prizia
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A fronte della produzione
di Vinicio Prizia, constatatane la capacità tecnica e lo studio
accurato dell'anatomia, viene subito da osservare con un occhio più
attento le composizioni, alla ricerca di una risposta all'immediato
quesito che esse suscitano. E' inevitabile, infatti, porsi un
interrogativo a fronte, ad esempio, dell'immagine di un volto
femminile, contornato da lunghi capelli, su un corpo costituito da due
coppie di gambe, due grandi e due piccole, proprio come quelle di certi
aracneidi cui tutta l'immagine allude. Perchè?
Ma prima di tentare di rispondere, sia pur brevemente, a questa
interrogazione, voglio attirare l'attenzione proprio sulle scelte
tecniche operate dall'artista. Sono acquerelli, acrilici, oli e
acrilici con olio realizzati con grande maestria avvalendosi del
processo delle velature di rinascimentale memoria, a ribadire
l'importanza di una esecuzione "a regola d'arte" rara nel contemporaneo.
Del resto l'artista è anche raffinato incisore ed ha raggiunto alte
capacità di lavorazione della lastra, che tratta con strumenti da lui
stesso realizzati così da ottenere un segno preziosissimo.
Ma questo ossequio alla tradizione si coniuga, in Prizia, con
una ricerca originale e personalissima per chiarire la quale cerchiamo
di rispolverare alcune conoscenze dall'antropologia alla metafisica,
dal mito alla letteratura, dalle teorie della percezione ottica alla
poetica del Concettuale. E' tipica della cultura occidentale di matrice
greco-romana la visione antropocentrica dell'universo che trova
convalida anche nella concezione giudaico-cristiana dell'uomo a
immagine e somiglianza di Dio. Tipici di questa concezione che vede
nell'uomo l'essere superiore, sono nati i miti ctonii dei Giganti e dei
Centauri, vinti dagli "umani", dei ed uomini, che hanno saputo
eliminare la loro componente animalesca. Ma i Greci, che in fatto di
conoscenza dell'uomo la sapevano lunga, si sono conservati una divinità
metà uomo e metà animale, Pan, come a dire che in tutti gli uomini
sopravvive un po' dell'animale originario.
Parallelamente a questa visione, o meglio, connaturata ad essa, è
andata definendosi la consapevolezza dei limiti umani, vista la
fragilità propria dell'uomo i cui cuccioli sono i più esposti tra tutti
i piccoli di animale.
A tali limiti si è cercato da sempre di ovviare con i miti,
apparentemente diversi ma in realtà complementari, dell'eroe che supera
prove che i "normali" non riuscirebbero a superare, e dell'essere
antropo-zoomorfo che esplicita un umano "arricchito" delle qualità
proprie di alcuni animali quali il leone (l'autorità), l'uccello (il
volo), il bue (la forza e la pazienza), lo sciacallo (la capacità di
trarre vita dalla morte), il serpente (la facoltà di rigenerarsi)...Ma
l'antropo-zoomorfismo ha ben presto preso varie strade, quella
dell'aneddoto educativo, quella dell'emblematica-araldica e quella del
simbolo, come a dire da Esopo a Walt Disney, dall'aquila imperiale
romana all'aquila bicipite austro-ungarica, dal leone stiloforo alla
colomba della pace. Corollario a tale tematica sono alcune metamorfosi,
da quella della mitica aracne a quella del kafkiano Gregor Samsa.
Il tema della contaminazione uomo animale ha assunto anche altre
connotazioni dai serpenti sul capo di Medusa alle ali degli angeli,
dalle corna dei diavoli alle orecchie d'asino di re Mida. Accanto alle
contaminazioni antropo-zoomorfe ne sorsero altre esclusivamente
antropomorfe quali Giano Bifronte, l'erma maschile-femminile,Kalì.
A queste brevissime annotazioni tratte da repertori letterari ed
iconografici, vorrei aggiungere d'ultimo alcune più recenti
contaminazioni, che per la loro "credibilità" fanno leva anche sulla
percezione, quali quelle di Arcimboldo e dei suoi epigoni tra cui
segnalo Filippo Balbi autore della "Testa anatomica" conservata nella
Certosa di Trisulti (FR): un volto umano realizzato da tanti corpi
variamente atteggiati (seconda metà dell'Ottocento).
Una costante lega tutte le precedenti esemplificazioni, il carattere
simbolico di ogni contaminazione. Ma nel contemporaneo tale carattere
simbolico è andato sparendo e l'essere, più o meno che umano, è
divenuto espressione di se stesso.
L'eroe è divenuto Braccio di ferro, Cyborg e Terminator.
Sono gli spinaci, le protesi bio-ingegneristiche, le capacità mutanti
che hanno reso l'uomo invincibile ed eterno.
Il desiderio di eternità che emerge da tutte le espressioni religiose e
che assume le forme più varie, dalla reincarnazione alle anime sante, e
che è sottesa ai rituali della imbalsamazione, del pasto sacro, della
sepoltura in attesa della resurrezione dei morti, sembra trovare
risposta nelle nuove frontiere della clonazione. Tali ricerche sembrano
voler ovviare anche alle "mutazioni" tanto paventate, con-nesse con le
catastrofi nucleari.
In tale apocalittico panorama si inseriscono i dipinti di Prizia che da
quindici anni sta meditando sul tema della contaminazione di vari
elementi del corpo, sempre arbitrariamente assemblati, talora
riprodotti serialmente talora realizzati su scala differenziata. Certo
a questa ricerca non è estranea la fotografia che, fissando immagini in
successione, ha messo in evidenza non solo la dinamica dei corpi in
movimento ma ha creato anche immagini estraniate. L'arte figurativa ha
subito colto la peculiarità del mezzo fotografico e vi ha ampiamente
attinto basti per tutti l'esempio del "Dinamismo di un cane al
guinzaglio" di Giacomo Balla (Buffalo, Albright-Knox Art Gallery).
Ma la visione di Vinicio Prizia è ben lontana dalla mera registrazione
del movimento che aveva affascinato Balla ed è invece molto più
condizionata da quelle letterature che vanno da Mary Shelley a William
Gibson per passare attraverso le cronache di Fliroshima e di Cernobyl.
Il suo Giano non è colui che è in grado di guardare al presente ed al
futuro ma è colui che "va" contemporaneamente in due direzioni diverse,
così che la simbologia da positiva si volge in negativa.
Le metamorfosi dell'uomo in ragno o in millepiedi si fanno ancora più
tragiche perché il lato umano non cede il posto a quello animale a
tacitare le coscienze.
L'erma maschile-femminile, simbolo di unitarietà e complementarità,
cede il passo ad un essere in cui le varie parti del corpo sono
maschili e/o femminili così da costituire un essere altro, frutto di
una mutazione profonda.
Una componente peculiare della ricerca di Prizia è costituita dalla
proporzione antinaturalistica. La proporzione in passato è stata
alterata in senso gerarchico/simbolico come documenta la maggiore
altezza del Faraone rispetto ai suoi sudditi e la maggiore altezza
della Vergine della Misericordia che raccoglie i fedeli sotto il suo
mantello. Genericamente, invece, è sempre stata rispettata una sorta di
proporzione relativa all'interno della stessa figura anche se con
forzature che inglobano le filiformi Sante di Cividale del Friuli e la
Barbie, i grassocci Bibì e Bibò e certe raffigurazioni di Buddha. In
Prizia, invece, l'abbinamento di parti del corpo con proporzioni
diversificate porta a figure altre. Alcune di queste figure sono
vicine, nello spirito, agli arcimboldeschi, come avviene nella serie di
dipinti che hanno per dato primario la mano-corpo; altre assumono il
carattere di nuove entità proteiformi. E' evidente in Prizia il far
leva sulle peculiarità della percezione umana, già ampiamente
analizzate dalla Gestaltpsychologie, che tende al riconoscimento
immediato dell'immagine sulla base di elementi noti per accorgersi,
solo ad una successiva e più puntuale osservazione, di trovarsi di
fronte all'ignoto.
Quello che a prima vista e da lontano appare un levriero, si
scopre, a distanza ravvicinata, essere un essere formato da una testa,
grossi seni e due coppie di gambe poste in posizione contraria alla
testa e di diversa proporzione la più grande delle quali,
opportunamente piegata, fa da corpo e da zampe posteriori al levriero.
L'accettazione visiva dell'insieme si basa su sedimenti di memoria e su
peculiarità percettive. Un discorso a parte meritano i ritratti in cui
alcuni tratti del volto si moltiplicano con effetti talora direttamente
derivati dalla sovrapposizione fotografica, tal altra assoggettati a
regole caleidoscopiche. Per questi ultimi ritratti si potrebbe forse
suggerire una derivazione dal concetto pirandelliano dell'uno, nessuno,
centomila. E' certo che la visione di Prizia è inquietante e
apocalittica ed in tal senso fortemente ammonitrice. Il tragico sta
proprio nella circostanza che essa, pur ispirandosi talvolta ad
espressioni ludiche, quale quella del contorsionista circense o quella
del fumettistico uomo gomma, elimina ogni componente grottesco-giocosa
e si inserisce a pieno titolo nella poetica del Concettuale. Questo
uomo "nuovo" sembra creato da un Dio che si è spappolato il cervello
con l'extasis. O sarà il nuovo "uomo" a crearsi il suo Dio così
proteiforme? |
Stefania Severi |
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Intervista a
Vinicio Prizia del 16 maggio 2016
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di Francesco Cogoni |
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Ho cominciato a dipingere molto presto, grazie alla
passione per la pittura che mi ha trasmesso mio padre, anche attraverso
i suoi tubetti di colore, l’odore dell’olio di lino e della tela, i
suoi libri d’arte che contemplavo, è un ricordo d’infanzia. Nei
primi anni mi sono rivolto verso lo studio e la verifica di molti
periodi artistici del passato: dall’arte classica, al rinascimento,
Michelangelo, Caravaggio, Tiepolo, agli impressionisti, dalle
avanguardie storiche del 20° secolo; Picasso, l’espressionismo,
all’astrazione, ecc.. fino alle investigazioni nel concettuale.
Successivamente quando ero ancora studente dell’Accademia di belle
arti, ho frequentato lo studio di Jean Pierre Velly, sia per rimparare
l’arte del disegno (importante per il mestiere di artista) che le
tecniche della pittura e quelle dell’incisione calcografica e da cui ho
appreso che le mode in arte sono effimere. Dal 1984 ho iniziato a concepire a realizzare le prime opere che caratterizzano la mia attuale ricerca.
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Tanti, nei diversi periodi che ho percorso, l’arte è una
continua ricerca arricchita e influenzata dalle esperienze dei maestri
venuti prima di noi.
Cosa cerchi nell'arte?
L’arte e un modo di essere. E’ la testimonianza della nostra vita. Nella mia indagine cerco il principio del (perché no?), amo usare le metodologie antiche, con uno spirito contemporaneo. Andare oltre la pittura non significa inventare ma fare un’altra cosa, quando si interviene anche su un’immagine si fa pittura. L’arte come la scienza, la psicologia, la fisica quantistica, sono nuove filosofie. Una
strada diversa non è quella che sta a chilometri di distanza, ma anche
quella che si trova dietro l’angolo e dove non vai mai, e poi un giorno
(perché no?). Posso passare anni ad osservare un sasso e scoprire gli universi. Ognuno ha i propri metodi di indagine e di riscontro io ho la mia vita e l’arte.
Dove ti ha portato scavare dentro te stesso?
A realizzare quello che vedi nelle mie opere a destra o a
sinistra, uomo o animale, su o giù, dietro, dentro o fuori, dove?
laggiù, qui. Il dubbio è il nostro vero motore, porta a vedere le
cose in modo molto diverso, al di là della consuetudine. La relatività
annovera anche l’universo cerebrale.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
L'investigazione sulla percezione. Scavare dentro se stessi è una via. Ogni essere umano è qualcosa di unico ed irripetibile, un micro-macrocosmo di esperienze. Ciò serve per capire anche gli altri ed il mondo che ci circonda e in cui siamo immersi. Nel
caso dei volti con più facce, o i cavalli, si crea un effetto di
instabilità, di movimento, che è il contrario del cinema , in
quest’ultimo si muovono le foto, dando l’illusione (percezione) del
movimento delle forme. Nel mio caso nel quadro l’immagine sta
ferma, ma è la mente che si muove, e non vedrai mai lo stesso modo
l’opera come prima, ma cambierà sempre ogni volta che si osserva.
In cosa consiste la tua investigazione sulla percezione ?
Nell’osservazione dei parametri usati per comprendere le
cose, su come siano impiegate delle convenzioni culturali che gli
uomini usano per cercare di capire quello che ci circonda e che
condizionano la nostra psicologia.
La scrittura nelle sue varie forme, ha diverse direzioni di essere
letta: da sinistra a destra per l’alfabeto romano al contrario per
quello arabo, dall’alto in basso per gli ideogrammi cinesi. Le
rappresentazioni storiche delle innumerevoli chimere o esseri
mitologici, nelle mostruosità gotiche, nelle anamorfosi e deformazioni,
nei fumetti. Entra comunque della (logicità) che invece io invece evito
e stravolgo.
Anche nell’irrazionalità consueta, l’uomo ha bisogno di certezze
convinzioni o perlomeno persuasioni che io invece muto, le trasformo,
le nego, è come togliere la terra sotto i piedi, squilibrare, questo
raggiunge un effetto che lascia chi osserva disorientato e la psiche
gli consiglia di distaccarsene. Oltrepassando
tutto questo puoi riuscire a considerare tali meccanismi, libero dai
preconcetti e riuscire a scorgere oltre, come salire su una montagna si
vede più lontano.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Io non ho niente contro il mercato. E’ un altra cosa
rispetto alla ricerca pura, ma ti aiuta a vivere , ma ormai ne è
rimasto poco e con pochi validi estimatori.
Cosa consiglieresti ad un artista che volesse vivere d’arte?
Di non avvicinarsi a questo mondo pensando al successo o
ai soldi, ma ad una disciplina, questa è una strada dura, più scopri e
vai avanti e più rischi di essere incompreso, ma questa è via, poi
quello che succede si vedrà. Bisogna fare attenzione, in questo mondo
difficile, oltre a tante persone appassionate, ne esistono alcune che
sfruttano la passione e la buona fede degli artisti per approfittarsene
e rubargli il lavoro e altro.
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